Sentenza su “limite” liberatoria o eventuale sue limitazioni

Il consenso alla pubblicazione della rappresentazione fotografica dell’immagine, previsto dall’art. 96 legge 633/1941, costituisce un negozio unilaterale avente ad oggetto non il diritto personalissimo ed inalienabile all’immagine ma soltanto il suo esercizio. Se prestato senza alcuna limitazione oggettiva o soggettiva, rimane efficace fino a revoca.

Con sentenza del 19 novembre 2008, n. 27506, la Cassazione civile rigetta il ricorso presentato di una signora per il risarcimento dei danni morali e materiali cagionati dalla pubblicazione di una fotografia che la riguardava.

La fotografia in questione, che ritraeva la ricorrente di profilo a torso nudo, era stata scattata nel 1989 da un professionista (signor P.C.), al fine di promuovere la professione di modella della signora, poi abbandonata.

A distanza di cinque anni, la fotografia veniva pubblicata per mezzo d’affissioni murali di cartelloni di grandi dimensioni nel contesto di una campagna pubblicitaria di una nota società. L’attrice chiedeva, quindi, il risarcimento dei danni in qualità di persona riconoscibilmente ritratta, che non aveva consentito nell’attualità alla specifica utilizzazione pubblicitaria.

L’agenzia che mise a disposizione per la campagna pubblicitaria del 1994 la foto della signora, documentava in giudizio l’acquisto dei diritti sulla fotografia dal signor P.C., che a sua volta produceva l’atto di cessione da parte della signora dei diritti patrimoniali sulla fotografia medesima.

Avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 10603 del 2001 che respingeva le domande della signora, quest’ultima proponeva appello, deducendo che il suo generico iniziale consenso alla diffusione della sua immagine valeva soggettivamente solo a favore del fotografo destinatario e oggettivamente non si estendeva all’imprevedibile ipotesi di un così massiccio sfruttamento pubblicitario a fini di lucro da parte di terzi. Dopo cinque anni, inoltre, il consenso medesimo non poteva considerarsi attuale. Con sentenza del 25 luglio 2003, la Corte d’Appello di Milano respingeva il ricorso della signora, considerando che l’atto di cessione in favore del signor P.C., autore della fotografia, dei diritti d’utilizzazione economica della foto non poteva significare se non consenso all’esposizione, riproduzione e messa in commercio (art. 96, legge diritto d’autore).

L’utilizzazione pubblicitaria della stessa, inoltre, non poteva ritenersi oggettivamente imprevedibile per una modella o aspirante tale.

Con la sentenza in esame, la Cassazione civile, nel sottolineare che il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale avente ad oggetto non il diritto personalissimo ed inalienabile all’immagine ma soltanto il suo esercizio, rigetta il ricorso della signora escludendo la presenza di taciti limiti oggettivi o soggettivi al consenso prestato e di una tempestiva revoca del medesimo consenso.

Con queste argomentazioni, la Cassazione dichiara, pertanto, efficace il consenso precedentemente prestato dalla signora e legittimo l’uso che ne sia stato fatto in conformità alle previsioni contrattuali, accertabili dal giudice di merito con gli ordinari mezzi processuali. Si rinvia sull’argomento: Cass. civ., sez. I, 1 settembre 2008, n. 21995; Cass. pen., sez. V, 22 luglio 2008 n. 30664.

(Altalex, 23 dicembre 2008. Nota di Valeria Falcone)

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